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NikSpa

Bidondola

quello che dicono di me

di Giuseppe Salpietro

'IL RICICLO CREATIVO' di Nicola Spanò

In tanti di noi resta sopita, talvolta per sempre, una vena artistica non espressa.

Resta compressa o non compresa, latente, in attesa che subentri il desiderio di esprimerla in maniera piena, completa. Il genio, l’estro artistico, talaltra invece, prendono lentamente forma accompagnati da un’innata capacità manuale e dai suoi gesti, facendo acquistare la dignità di sostanza reale ad oggetti o materiali che, in qualche modo, fuoruscendo dalla nostra mente rappresentano il nostro essere. La trasformazione delle cose è quasi una magia per l’artista, che lo induce ad appagarsi del sano convincimento che quel bene resterà suo per sempre, intrinsecamente capace di trasmettere ai posteri le sue tracce, il suo DNA. Per assurdo, potrebbe accostarsi al rapporto materno che subentra al parto, comunque è un rapporto d’amore.

V’è poi una categoria di estrosi artisti che si cimentano in un’arte nuova o se vogliamo antica dando nuove forme allo scarto, al materiare considerato dai tanti ipovedenti non più rispondere alle funzioni per le quali era stato realizzato.

Persino per gli alimenti, in un’economia non capitalistica e meno libera dal bisogno, non comprendendosi per necessità lo spreco, il cibo si consumava completamente. Tutti teoricamente comprendono, quanto la società moderna nell’ultimo secolo abbia imposto cliché basati su comportamenti, abitudini e consumi lontani dalla sostenibilità economica ed ambientale, inducendo a consumare, con voracità inusuale, qualunque specie di materiale solo per il piacere di affermare l’egoismo più abietto. Lo scarto richiama genericamente qualcosa che viene espulso ed escluso perché inservibile, ma nella storia dell’arte il riuso dei materiali relativi alla produzione artistica è molto più frequente di quanto non si creda: in pittura è stato sistematico il riciclaggio di tavole, di cornici e di tele, per non parlare di pareti ridipinte per adattarle ai mutati gusti. Nella scultura poi, i materiali più preziosi sono stati oggetto di continue trasformazioni e riutilizzi, il Papa Urbano VIII non esitò a fare rimuovere tutto il bronzo del Pantheon per costruire il baldacchino di San Pietro progettato da Gian Lorenzo Barberini ed in seguito, per censurare questa gravissima circostanza, si disse che “ciò che non fecero i barbari, fecero i Barberini”.

Tra i mille possibili esempi, anche il David di Michelangelo nacque da un blocco di marmo già parzialmente lavorato da Agostino Di Duccio e Bernardo Rossellino e da questi considerato assolutamente inadatto a plasmare forme anatomiche perfette e poi, dopo trent’anni, affidato al celebre scultore che lo fece diventare simbolo di Firenze e dell’Italia nel mondo. In architettura ancora, i detriti e i resti di vecchi edifici, fanno parte integrante della storia delle costruzioni ed anche la città di Messina, pur avendoli voluti occultare, poggia su di essi. Negli anni Ottanta e Novanta del XX secolo si sono diffusi movimenti ed opere che utilizzavano spazzatura (trash, appunto), o comunque scarti d’uso, per creare oggetti artistici. La Trash Art non rappresentava in assoluto una novità, ma diviene rilevante la definizione e in qualche modo la consacrazione del riutilizzo come forma d’arte, ed è ancor più rilevante che la matrice etica ed ecologica di denuncia dello spreco risulti con maggiore evidenza.

Con queste premesse, è affascinante osservare come il neo-artista Nicola Spanò sia stato in grado di ridare vita e funzione diversa ad oggetti che solo apparentemente avevano concluso il loro ciclo di vita al servizio di uno scopo divenendo in ultimo rifiuto, rappresenta inconsapevolmente, la nuova frontiera di un vivere civile più rispettoso su questo pianeta invaso da quantità non più gestibili di scarti di qualunque materiale prodotti per decenni insensatamente. L’ho visto orgoglioso e carico di entusiasmo, dare forma ai suoi materiali: parti di fusti metallici per la resina, scarti di multistrato, teli plastificati, vernici trasparenti etc .., dopo averne pensato e progettato l’utilizzo possibile, la loro vita ulteriore.

Con i bidoni di scarto di un’antica ditta che esercita l’attività nei pressi della Camera di Commercio, si realizzarono le Bidondole, le Bottane (realizzate utilizzando botti), le Diabolike e le Margherite che assumevano le forme di arditi divani e comode poltrone basculanti. Poi ancora, come per luminosa magia esercitata da un moderno incantatore, arrivarono corpi illuminati: Luci..a, fattoria, lamparoggio….. Nulla è lasciato al caso, tutto è degno di cura ed anche le Bottane appaiono ingentilite dal nome ed armoniose. Non sarà facile per questo moderno artista, affermare la sua arte, farla riconoscere come tale ai più, ma è fin troppo certo che le prime battaglie sono state vinte. Nessuno avverte pregiudizi e i tanti osservandole muti, non possono che rilevarne il genio che le ispira. Il genio che risiede silente dentro ogni artista.      

                        'Giuseppe Salpietro'

di Angelo Di Carlo

 

'IL MIO AMICO NIK'. È con emozione che mi trovo a scrivere del mio amico Nick. La sua avventura tocca il cuore. 

La storia di un ragazzo cresciuto in una delle nostre periferie dove tutto è da “inventare”, dove è facile fare cattive amicizie ma dove si cresce e si gioca più in strada che in casa. Non è difficile immaginare che Nicola abbia
cominciato lì a costruirsi i primi oggetti, piccoli giochi. Penso alle fionde con cui andare a caccia di piccoli rettili facendo a gara con gli amici o a sfidarli lanciandosi a tutta velocità per le stradine in discesa, rannicchiati sui “carritteddi” auto costruiti con vecchi cuscinetti e qualche asse in legno.

Alcuni anni di apprendistato presso artigiani di vari settori hanno poi fatto crescere la grande manualità che certamente in lui è più spiccata. La nostra frequentazione è vecchia di poco più di un decennio e comincia sul luogo di lavoro, ma sviluppiamo subito un’amicizia vera, basata sulla reciproca stima, che poi, come spesso accade
alle nostre latitudini, ti porta a fare a spintoni davanti alla cassiera del bar per pagare il caffè. Oggi quel ragazzo è padre e marito e lavora come custode presso la Camera di Commercio di Messina.

Per tale incarico gli vengono assegnati dei locali per trasferire il proprio domicilio ed è in questa occasione, dirigendo i lavori di ristrutturazione, che mi accorgo del “genio” del mio amico. Durante la fase finale dei lavori Nik ha già cominciato ad arredare casa. 

Un giorno, in occasione del solito caffè, mi dice “architetto –così mi chiama – ti faccio vedere come sto sistemando i mobili di casa così mi dai il tuo parere”. Vecchi mobili, ai più insignificanti e di poco conto, erano diventati dei pezzi unici di arredamento. L’oggetto che più mi colpì era una libreria di semplici ritti e ripiani, realizzata con scarti di truciolare,che era stata rivestita per intero con ritagli di fumetti di Diabolik. Rimasi colpito
da quest’idea, ma più dal risultato.

Pensai che anche a casa mia sarebbe stato facile collocarla e altrettanto difficile
contenderla ai miei figli. Seguì una riflessione: se riesci a suscitare desiderio per le tue creazioni allora l’arte va oltre l’espressione in sé diventando oggetto di desiderio e comprensione del messaggio fino a farne parte.

Da quel giorno, sempre più spesso, “guarda che cosa ho fatto questo fine settimana, ti piace?”. Fino alla grande occasione.
Ad un certo punto ho creduto che questa grande energia non potesse restare circoscritta tra le mura del sia pur ben frequentato edificio camerale. Allora metto in contatto Nik con una mia amica che si occupa di realizzazioni con elementi di riciclo. Subito si infittiscono le relazioni che sfociano nella partecipazione alla prima mostra collettiva al Castello di Spadafora. Inutile sottolineare che fossi più emozionato e contento di quanto forse lui stesso
non fosse stato. Portai con me diversi amici all’inaugurazione e tutti furono concordi nel constatare la genialità e la piacevolezza degli oggetti esposti. Certo di genialità si tratta quando si dà nuova vita ad oggetti che hanno ormai
esaurito la funzione per la quale sono stati realizzati, facendoli diventare altro con diversa missione.

Così, poco tempo fa ho notato che Nicola conservava dei supporti in cartone dei rotoli di carta asciugamani, gli ho chiesto  a cosa stesse lavorando e mi ha risposto che ancora non lo sapeva, ma gli erano sembrati interessanti e a qualcosa sarebbero serviti: il lampo sarebbe arrivato.

Sì perché di fulmini parliamo quando esaminiamo il percorso creativo di questo artista. Un’intuizione che matura e si adatta in corso di realizzazione.

È la genialità della riconversione che mi pare la fase più acuta delle sue opere, la maniera in cui viene reinterpretato l’oggetto primario per aggiunte e sottrazioni. In bocca al lupo Nik, sono orgoglioso di  te.                                                                                                     'Angelo Di Carlo'

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